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Feltri: La miglior autrice erotica? Santa Teresa D'Avila

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Pubblichiamo l’articolo «Il libertinaggio è sadismo e non conosce sfumature» di Vittorio Feltri, tratto dal numero di dicembre di Monsieur.

di Vittorio Feltri

Nulla di nuovo sotto il sole. Lo diceva la Bibbia, dunque gioco sul sicuro. Alludo al cosiddetto boom della letteratura erotica per gente comune che avrebbe caratterizzato l’estate e pure l’autunno di quest’anno di crisi. Sai la novità. Avrò poco fiuto, ma la materia credo fosse già piuttosto vecchia ai tempi di Adamo ed Eva. Le suore dei miei tempi di bambinetto erano convinte che il frutto proibito non fosse la mela, ma coincidesse proprio con quegli attrezzi che i progenitori provvidero post factum a occultare sotto le foglie di fico (fico, mela e il batacchio delle campane…). Per cui anche leggere il versetto dove si parla dei due nudi, suscitava brividi e mani pudicamente sudate.

Cantico sublime -C’è chi ha scritto, e nel mio piccolo condivido, che il Cantico dei Cantici è il brano più fantastico di letteratura erotica e persino lievemente pornografica nella storia degli amplessi, essendo il sesso e la mistica, la tendenza verso Dio e verso Venere, che restano due forme di infinito, connaturate alla stirpe umana. In ebraico il poema è stato battezzato shir hasshirim, Cantico sublime. Senza confini. Il sesso e la sua rievocazione a parole dirette o velate spaccano tutti i limiti di tempo e spazio, immaginazione e nostalgia. Non a caso Robert De Niro recita dei brani del Cantico in scene cariche di pathos sensuale nel film di Sergio Leone C’era una volta in America. Le similitudini tra i grappoli d’uva e il grembo, le mammelle e le gazzelle, i gioielli e le curve dei fianchi mescolano sesso, natura, Dio e poesia. Del resto in noi questa tendenza verso l’altro sesso, e possibilmente con intenzioni piuttosto concrete, nasce dall’esigenza di immortalità, più banalmente coincidente con l’istinto di far continuare la specie. Siamo animali. Con una differenza, le altre bestie di sicuro sono meno complicate, e non comprano libri per accendere il desiderio: agitano le piume, muovono le corna. Tutto questo, starei per dire, è molto umano… 

Non sfuggo però alla questione: che cosa dire del successo di vendite strabiliante di Cinquanta sfumature di grigio, autrice E.L. James. Perché questo libro e perché proprio ora? Il fatto nuovo, ritengo, non è la materia e la sua diffusione, ma l’assenza di cantine o ripostigli dove consumare le pagine; la sparizione di sentimenti trasgressivi nel coltivare queste letture; la tranquillità dell’acquisto di volumi di questo genere, accettando che siano visti in mano propria dai colleghi, senza distinzioni di genere maschile, femminile, etero e omo. Nelle epoche di grande tensione morale, che sempre diventa volontà di costruire case e chiese, di far figli e di insegnargli il pudore, circolavano di certo opere di colorazione ginecologica. Oppure, si individuavano pagine, persino nei classici, che specie nell’adolescenza erano oggetto di segnalazioni criptiche. 

Tutto questo rigirio di carta e inchiostro era però sentito come una dolente necessità del corpo, si attraversava un territorio vagamente vietato, un po’ misterioso, la vita appariva un vasto campo di grano e di fragole. L’idea della terra promessa ardeva in testa mentre ardeva qualche altra cosa in un tutt’uno di ambizione e piacere. Chi voleva poteva tranquillamente prendere in biblioteca il Kamasutra. Oppure il Marchese (in realtà conte) Donatien-Alphonse-François De Sade. C’era tutto e di più. Molto di più di quanto sono certo sia possibile sciropparsi tra le cinquanta sfumature di grigio. Oggi la letteratura erotica è una fuga moderata, una parentesi di distrazione in mezzo ai guai, senza neanche gli eccessi fantasmagorici di pochi decenni fa, i quali saranno stati segretati, e forse ipocritamente negati e però vitalissimi. La crisi comporta una riduzione di tutti i consumi, uno spegnimento del turbine affettivo. E ci si riduce a coltivare modesti piaceri privati, magari scambiandosi pareri sul tema, ma senza tremori e rossori, quasi fosse una distrazione dietetica, uno yogurt magro: addio alla strabordante carnalità di una Madame Bovary.

A proposito del gran romanzo di Gustave Flaubert. Tra noi ragazzini degli anni 50 si narrava contenesse chissà quali favolose esibizioni di lussuria. Sfogliavamo lesti le pagine per trovare scene discinte. Ma l’erotismo vero era nelle situazioni e nei nostri pensieri che riempivano di poppute immagini il testo che ci trascinava la fantasia. Capisco che non c’entra nulla con il genere letterario erotico. Ma era per dire che l’attizzamento è sempre stato ricercato nei libri come una brace nascosta, specialmente ai genitori ignari. Ignari anche noi. Ero sicuro ad esempio che Il delta di Venere di Anaïs Nin fosse un romanzo di avventure, tipo la guerra di Indocina sul delta del Mekong o una peripezia salgariana tra sfingi e piramidi quasi fosse il delta del Nilo. Lo tenni di riserva. Lo aprii decenni dopo. E mi ritrovai tra descrizioni di labbra che non erano precisamente quelle su cui si passa il rossetto, o forse sì, ma per un altro motivo. Di quel libro misterioso non ne trovai segnalazioni, neppure scandalizzate, sull’Eco di Bergamo (figuriamoci) ma neanche sul Corriere della Sera borghese e perbenista di quei dì. 

Sartre a 12 anni - Poi, negli anni 70 qualcuno lo citò su Panorama o L’Espresso e lo recuperai. Uscisse ora riempirebbe le vetrine delle librerie, e l’Osservatore romano spiegherebbe che forse, a ben guardare, contestualizzando, è una forma di preghiera… La prima volta che trovai in un libro una scena diciamo così di erotismo, fu quando, ragazzino, attinsi in libreria alla Nausea di Jean-Paul Sartre. Capitò senza preavviso, senza che fosse annunciato da ammiccamenti di coetanei: avrò avuto dodici anni. Non sono in grado di citare letteralmente il testo. Ma rimasi folgorato dalla pagina dove una signora si divertiva a scoprire i membri degli uomini per vedere da che parte cascasse l’ingombro: a destra o a sinistra? La cosa non so perché, o forse sì, mi parve sconvolgente (e so che ciascuno o ciascuna che mi sta leggendo, si interrogherà sul medesimo argomento pensando a se stesso o al partner). Cambiano tempi e gusti. 

Tra i classici, in quell’epoca, ma anche decenni prima, formidabile erano e sono Le undicimila verghe di Guillaume Apollinaire. Altra epoca, altre fantasie rispetto a oggi. La rinuncia al senso del proibito, e la sua trasformazione in una specie di dentifricio tranquillamente reclamizzato, ha persino ridimensionato i numeri (questo tipo di letteratura è sempre caratterizzata nei suoi titoli da cifre, di solito piuttosto ambiziose). Dagli undicimila siamo passati ai cento di dieci anni fa (Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, autrice Melissa P.) fino alle cinquanta sfumature di oggi, in un calando che segnala il crollo del Pil ma anche del Pilu, proprio mentre se ne parla un sacco. Ho riparlato dei Cinquanta ecc. Non mi metto a fare la recensione dell’opera che ha scatenato inchieste e commenti, anche perché non sono riuscito a procedere oltre pagina 27. È un mio limite, mi annoio durante le mie scarse imprese, tanto più quando ci sono di mezzo le rievocazioni di quelle altrui. Non sono Giampiero Mughini che è erudito collezionista del ramo. Né riesco come lui a comprendere se posizioni e atmosfere siano tecnicamente realistiche. Ormai sono scarsamente praticante, e pure smemorato: più che un cronista, di questo genere di vicende mi ritengo al più uno storico di modesta competenza. Dunque sono poco attendibile.

Rivendico però le mie idee. Il sesso è una benedizione, la pulsione per il quale è il modo che spezza la nostra solitudine, e ci fa capire che abbiamo bisogno del prossimo. Nonostante le battute di Woody Allen sulla masturbazione, l’attrazione verso la donna (parlandone da maschio) è la maniera con cui si dimostra che siamo limitati, non possiamo chiuderci nel nostro io. Scrisse una volta Umberto Galimberti sull’Espresso che il sesso non è rapporto tra l’io e l’altro, ma tra l’io e le sue follie. Forse. Ma è anche un modo per comunicare qualcosa di sé e accogliere qualcosa dell’altra, in uno scambio che senza affetto è pura trasmissione di umori, che non bastano a dare giuria e forse neanche piacere. Platone, e i filosofi greci con lui, ritenevano che in origine ci fosse una creatura che bastava a se stessa, l’androgino, uomo-donna insieme, poi spezzatosi in due. Da lì la necessità di ricongiungersi. Io dico: meno male che quell’essere si è rotto e spero non si aggiusti mai. Altrimenti morirebbe il desiderio. Un guaio. 

Pulci a Platone - Qui mi permetto l’inosabile. Pur non essendo stato invitato come Fabio Volo al Festival della filosofia di Modena, eccepisco su una tesi del maestro di Aristotele e discepolo di Socrate. Là dove sostiene che la forma di erotismo e amore più puro è quella di un uomo maturo con un ragazzino. Infatti ritiene che sia più vero e conforme all’ideale perché slegato da bassi fini utilitaristici. Infatti quello dell’uomo con la donna è mosso per lui dal pragmatismo del far figli, ciò che lo abbassa al rango di attività semi industriale. Sbagliato. Lì c’è sotto sotto l’idea dell’inferiorità della donna, al più un complemento dell’uomo utile alla riproduzione. Il vero sesso, e l’autentico erotismo (nulla dico sul rapporto coi ragazzini, purché sopra i diciotto anni…) sono il riconoscimento che l’altra o l’altro è più importante di me. Almeno in quei brevi istanti, anche se poi uno accende la sigaretta e torna a casa.

Ps. A proposito di testi di carnalità sublime. Copio un brano che per me è il più fantastico e immaginifico di piacere e godimento, e c’entra con l’erotismo più delle Cinquanta sfumature. L’autore lo dico dopo: «In un’estasi mi apparve un angelo tangibile nella sua costituzione carnale che era bellissimo; io vedevo nella mano di questo angelo un dardo lungo; esso era d’oro e portava all’estremità una punta di fuoco. L’angelo mi penetrò con il dardo fino alle viscere e quando lo ritirò mi lasciò tutta bruciata d’amore per Dio […] Nostro Signore, il mio sposo, mi procurava tali eccessi di piacere da impormi di non aggiungere altro oltre che a dire che i miei sensi ne erano rapiti». Libro della mia vita, Santa Teresa d’Avila, carmelitana del ’500. L’erotismo non è un’invenzione della scorsa estate…


pubblicato da Libero Quotidiano

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